L’esodo giuliano-dalmata: la testimonianza di Franco Cortese alle scuole.

Esule giuliano

Ricordare. È questo l’obiettivo della scuola secondaria di primo grado “Fabio Filzi” di Laives per celebrare il ricordo delle vittime delle foibe e l’esodo di istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre d’origine nel secondo dopoguerra. Nel corso della mattina di giovedì 4 aprile, il teatro “G. Coseri” di Laives ha ospitato la prima testimonianza pubblica di Franco Cortese, esule fiumano. “Il dramma dell’esodo giuliano-dalmata è una pagina molto tragica della nostra storia che spesso è stata taciuta – afferma la dirigente scolastica Emanuela Scicchitano -. Oggi siamo fortunati e onorati di sentire la testimonianza di Franco Cortese e di inserirla in una cornice pedagogica significativa”.  Dopo l’intervento della dirigente scolastica Emanuela Scicchitano, gli studenti hanno accolto calorosamente Franco Cortese, esule istriano scampato alle Foibe. Nato a Fiume, da padre italiano e madre croata, ha ripercorso i momenti più bui della sua puerizia, tra applausi e lacrime di commozione. Ha raccontato del terrore costante che l’ha accompagnato negli anni dell’infanzia, della paura del mitra dei titini e dell’angoscia di sparire completamente come tanti altri italiani non simpatizzanti al regime comunista di Tito.  “Gli italiani d’Istria venivano prelevati di notte e fatti sparire. Chi non era legato al regime fascista se la cavava. La macchina dei miei genitori fu presa dai titini appena arrivati a Fiume – racconta con qualche brivido l’esule Franco Cortese -. Mi ricordo che da piccolo avevo portato degli gnocchi a dei prigionieri tedeschi. I titini mi hanno minacciato con la mitraglietta di non darlo. Ho avuto tanta paura.” A organizzare l’incontro è stato il professore di lettere Massimo Minniti: “Se si dimentica il passato, si ritorna nel passato – afferma il professore -. È un’occasione molto importante per parlare con chi è stato testimone del dramma. La storia non è solo quella sui libri di storia, ma anche quella raccontata dai testimoni che avvicinano gli studenti con la loro emozione.” Tra i ricordi di Franco Cortese c’è soprattutto chi si è salvato alle Foibe, ma che ha fatto i propri conti con le condizioni poco salubri dei campi profughi. “Mio zio Luigi è finito nel campo profughi di Capodichino a Napoli. Viveva in un piccolo spazio all’interno di un hangar malmesso, non aveva lenzuola pulite, mangiava quello che l’Italia offriva. Molti degli esuli venivano maltrattati dagli stessi italiani”. Infatti, rammenta agli studenti i fatti di Bologna del 1947: “A Bologna arrivò un treno di esuli di Pola. Venne preso a sassate dai giovani. Altri ancora buttarono il latte destinato ai bambini sui binari. Era stato chiamato il treno dei fascisti, ma fascisti noi non eravamo.” Altri cari fuggirono via dall’Istria senza i permessi dal regime di Tito: “Nel ’49, Dario Baretich, amico di famiglia, fece a nuoto Capodistria-Trieste – ricorda l’esule -. Era contrario a Tito e non voleva rimanere in un luogo senza la libertà di pensiero”. Altri invece rimasero, ma con il terrore di sparire da un momento all’altro: “Mia zia Anna divenne suora di clausura a Veglia dopo aver visto l’orrore della guerra. Di notte veniva spesso minacciata dai Titini. Dormire la notte era difficile” racconta l’esule. Ad accompagnare le parole dell’esule ci sono stati gli interventi musicali degli studenti dell'indirizzo musicale - seguiti dai docenti Ripepi, Calvo e Nardo - che hanno suonato brani con violoncello, violino e xilofono e le letture di una selezione di testi de “La bambina con la valigia” di Egea Haffner, esule di Pola che ha perso il padre all’età di quattro anni, vittima del regime di Tito. 

Comunque sia, Franco Cortese non si è nascosto. A 84 anni ha fatto sentire la sua voce affinché le future generazioni non commettano gli errori del passato e ricordino questa triste pagina di storia: “Purtroppo, la storia si ripete sempre, è ciclica. Può succedere un giorno a Bolzano, non si sa mai. Abbiamo visto quello che sta succedendo in Ucraina o a Gaza”. L’evento con gli studenti delle scuole medie è stata un’occasione molto importante per conoscere l’esperienza degli esuli sopravvissuti a quei fatti tragici e per far conoscere queste pagine di storia purtroppo ancora sconosciuti ai più.